Cosa mangio oggi? Domanda banale che ci facciamo tutti quanti, tutti i giorni. Eppure la scelta del cibo quotidiano è qualcosa molto importante

La scelta del cibo quotidiano è qualcosa di più rispetto all’alternativa fra un melone e un salame al momento della spesa, o alla golosa indecisione foriera di chissà quali delizie che ispira la lettura di un menu al ristorante.
Mangiare implica una decisione che va al di là di una semplice considerazione di gusto o di soddisfazione del bisogno, noto anche come fame, che ci fa cantare lo stomaco quando non si è fatto colazione.

Non è solo il sapore a determinare le scelte nella nostra alimentazione, ma anche il sapere.

Il sapore ha ovviamente a che fare con la sfera sensoriale, il proprio gusto, addirittura la propria cultura e proprio per questo non è uguale per tutti. Ciò che piace a un quarantenne di Modena, ad esempio un bollito misto con testina di vitello, non è detto che piaccia anche a un ventenne di Seattle.
Per natura e cultura, il sapore porta quindi a scelte alimentari diverse per ciascun individuo. “A me una Margherita”, “Io una prosciutto e funghi”, “Posso avere una Napoli senza acciughe?”, ed ecco che una serata con qualche amico in pizzeria chiarisce molto più di tanti discorsi.

Ma che il sapere abbia un ruolo nella scelta di un alimento è un fatto piuttosto nuovo nella storia delle crapule e digiuni. Conoscere gli ingredienti, la loro provenienza, la filiera produttiva di ciò che arriva nel nostro piatto, significa acquisire una consapevolezza che può determinare scelte anche radicali, come l’eliminazione di certi alimenti dalla propria dieta.

È quello che accade, ad esempio, con il veganismo, lo stile di vita teorizzato da Elsie Shrigley e Donald Watson, che nel 1944 fondarono la Vegan Society. I vegani promuovono l’esclusione, per quanto possibile, di ogni forma di sfruttamento o crudeltà nei confronti degli animali e rinunciano a cibarsene. A differenza dei vegetariani, che si limitano a non mangiare carne o pesce, i vegani si astengono anche da latte e uova, perché anche nella produzione di questi alimenti si intravedono forme di sfruttamento degli animali. E del resto, a vedere certi allevamenti intensivi, dove galline e mucche viviono in condizioni più simili a una prigione che non a quelle di una fattoria, come dar loro torto?

C’è chi invece sceglie di mangiare cibo proveniente da agricoltura biologica per evitare prodotti di sintesi e organismi geneticamente modificati, dei cui effetti sulla nostra salute e sull’ambiente si discute costantemente nel tentativo di sfamare il mondo all’insegna di uno sviluppo sostenibile. Che “soddisfi i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri”, come recita il Rapporto Brundtland, Our Common Future del 1987, della Commissione mondiale sull’ambiente e lo sviluppo.

C’è da dire che il sapere nella scelta del cibo non è solo appannaggio del consumatore finale, ma anche di chi produce. E negli ultimi tempi nei settori produttivi e anche nell’industria alimentare sono cresciute consapevolezza e responsabilità nel cercare di andare incontro a questo nuovo sentire.
I nuovi Biscotti Toscani, Gusto e Piacere, di Ghiott rappresentano un piacevole esempio di questa tendenza.

Il sapore e il sapere sono un invito a gustare, assaporare, entrare in contatto col cibo in modo più meditato. Non solo ciò che piace, ma anche ciò che si conosce.

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Alimentazione e Salute

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